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Cittadinanza alimentare e cittadinanza ecologica
La cornice concettuale multidimensionale di Seyfang è una guida utile per esplorare le nuove pratiche di consumo alimentare. I nuovi valori a esse connessi vanno in una prospettiva olistica di consumo sostenibile, in cui ridurre l’impronta ecologica e rafforzare le economie locali sono parte integrante di un processo più complesso di ri-socializzazione e ricostruzione dei ‘luoghi’ e delle comunità (Hinrichs 2000; DeLind 2011).
Il concetto di ‘locale’, in questo caso, non è solo identificato dal luogo geografico ma anche dai metodi e dalle conoscenze tradizionali necessari per produrre un cambiamento che sia in grado di stabilizzarsi e contagiare il regime dominante (Jasanoff e Martello 2004: 14).
Dal punto di vista del coinvolgimento attivo dei cittadini, Lamine (et al., 2012) propongono di abbandonare il termine ‘reti alimentari alternative’ e di chiamarle invece ‘reti alimentari civiche’ (Civic Food Networks-CFN) per sottolineare la peculiarità “consumer-driven”. Sotto il profilo della cittadinanza si parla di un nuovo concetto dove tutti gli attori sono chiamati a fare comunità e rete, sostenendosi l’un l’altro. Invece che essere visti come operatori economici indipendenti, produttori e consumatori, collaborano come cittadini in un ottica di cooperazione, sostenibilità e solidarietà (Lamine et al., 2012).
La conoscenza e consapevolezza intorno ai temi legati al cibo, diverrebbe una sorta di trampolino di lancio per riappropriarsi del ruolo autonomo e attivo all’interno della società in una nuova dimensione che viene chiamata anche “cittadinanza alimentare” (food citizenship).
“Food citizenship” è un concetto nato in USA e Canada coniato da T. Lyson sotto il nome di “Civic Agriculture”.
Lyson, definisce l’agricoltura civica come quel “sistema organizzato a livello locale del settore agricolo e produzione alimentare caratterizzato da reti di produttori che sono legati tra loro dal luogo”. Con ciò l’autore sostiene che l’agricoltura civica ha le potenzialità per trasformare le persone da passivi consumatori a cittadini alimentari attivi. Così il concetto di cittadinanza alimentare aiuta a definire quello di filiera corta ed è appropriato per identificare il grado di coinvolgimento degli attori all’interno della filiera. Anche Seyfang (2006) parla di cittadinanza, ma “ecologica” (ecological citizenship) (Seyfang 2006, Dobson e Bell, 2006) attenta alle responsabilità associate ai diritti: ad esempio il diritto a un ambiente sano, si associa alla responsabilità ecologica del cittadino consumatore. I cittadini si fanno dunque attivi nell’azione per ridurre l’impatto negativo dei loro acquisti e dei loro consumi sull’ambiente.
Sotto un profilo istituzionale Lamine (2005) sostiene che le forme di agricoltura locale partecipativa, possono gettare le basi per una maggiore democratizzazione delle scelte da condividere a livello locale. Il coinvolgimento attivo dei cittadini nella ricercacostruzione di alternative indica un bisogno di impegno civico-politico e offre una forma accessibile di cittadinanza attiva (Sassatelli, 2004).
Il riavvicinare produttori e consumatori prefigura la possibilità di creare un legame tra le istituzioni e i cittadini non solo nel settore agroalimentare (Leng e Heasman 2004, p262), e la crisi economica in atto ha rimarcato la necessità di un coinvolgimento dei cittadini nella gestione della cosa pubblica.
Filiera corta e forma di governance
Il concetto di food citizenship non è limitato alle relazioni nello scambio di mercato e nell’approvvigionamento del cibo, ma anche a nuovi modelli di governance. Un primo esempio è la condivisione degli obiettivi della società attraverso la partecipazione civica, promuovendo la formazione di gruppi di pressione che agiscono nei confronti della collettività stessa e delle istituzioni per ridefinire i ruoli all’interno della società (Renting et al., 2012).
La food citizenship è una pratica in grado di promuovere lo sviluppo di una democrazia socialmente ed economicamente giusta, oltre a sistemi agro-alimentari sostenibili (Wilkins, 2005, p. 271).
Le forme di governance basate sulla società civile, sono oggi di crescente importanza e sono utili per comprendere le moderne dinamiche di governance dei sistemi alimentari. Inoltre, questa tendenza si sta rinforzando e accelerando, sia grazie all’avvento delle nuove forme di comunicazione (social network), sia a causa della crisi.
Questi cambiamenti possono essere visualizzati a partire dal “triangolo della governance” (figura 1.7) che distingue tra stato, mercato e società civile e traccia uno schema dei meccanismi che spiegano il raggio di azione del comportamento umano all’interno della società e i potenziali cambiamenti nelle forme di governance (Rhodes, 1997; Renting, 2008; Renting e Wiskerke, 2010).
Negli anni passati lo stato e il mercato sono stati i principali protagonisti nei meccanismi di governance. Lo stato si esprime prevalentemente attraverso la regolamentazione della res publica; il mercato tramite l’uso di meccanismi auto-regolanti tra cui i prezzi, il tasso di interesse e le liberalizzazioni. Invece, la società civile si esprime, invece, attraverso la partecipazione, l’auto-organizzazione e il controllo della democrazia.
Applicando il triangolo della governance al sistema agro-alimentare attuale si nota che il ruolo dello stato e del mercato è stato predominante. Il controllo indiretto delle istituzioni democratiche tramite la partecipazione della società civile è limitato alle organizzazioni professionali o a gruppi di interesse come sindacati, organizzazioni di agricoltori e lobbies industriali. Il ruolo dei consumatori è stato dunque ridotto a quello di meri compratori passivi. Per molti anni questa struttura ha permesso il conseguimento di molteplici obiettivi, tra cui l’aumento della produttività, la disponibilità di cibo a basso costo e la stabilizzazione del regime fordista (Friedmann e McMichael, 1989). Il forte potere concesso al mercato ha permesso la creazione di quello che è stato chiamato “impero del mercato” (Hardt e Negri, 2000; Ploeg, 2008), in cui influenti aziende multinazionali hanno il potere di scavalcare la sovranità nazionale dei paesi in cui operano per conseguire i loro obiettivi privati. Questo modello ha anche portato a molteplici e recenti tensioni economiche e crisi sociali.
La figura in basso visualizza un sistema atto a rivitalizzare e bilanciare i meccanismi di governance verso forme di democrazia più partecipate (Renting, 2012).
Il nuovo modo di concepire la struttura relazionale tra le istituzioni e la società civile accresce l’importanza di quest’ultima nei processi decisionali. Ciò è molto importante nei momenti di crisi: quando lo stato e il mercato non riescono ad arrivare a nuove soluzioni, la società civile può rappresentare un’importante fonte di innovazione attraverso l’apprendimento collettivo.
Questo sistema può sembrare più complicato nel breve periodo, ma Renting et al. (2012) sostengono che a lungo può portare alla costruzione di nuove alleanze, regole e modelli organizzativi più sostenibili del sistema agroalimentare dominante. Esempi in tal senso sono le strategie di governance urbane e territoriali dell’approvvigionamento alimentare, in cui le decisioni sono prese congiuntamente dai governi e dalla società civile (Renting 2008; Lamine et al., 2012, Derkzen e Morgan, 2012).
Così facendo le amministrazioni possono aumentare la domanda di prodotti locali e biologici (Morgan e Sonnino, 2008). La filiera corta diventa in questo caso anche uno strumento politico in grado di supportare le istituzioni per la tutela ambientale (Aubry et al., 2008).
Articolo tratto dalla tesi di laurea del Dr. Giacomo Crisci:
“Filiera corta, prezzo giusto e sviluppo sostenibile: il caso
dei Gruppi di Acquisto Solidale a Roma”
Università ROMA TRE – Facoltà di Economia “Federico Caffè” – Anno accademico 2012/2013
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