La rinascita della filiera corta

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In risposta alla convenzionalizzazione e alle diverse crisi finanziarie succedutesi nell’ultimo decennio, i movimenti biologici si sono evoluti orientandosi verso istanze di rilocalizzazione e ri-socializzazione del prodotto alimentare con l’obiettivo di reintegrare i valori del movimento biologico originale (Buck et al., 1997; Guthman, 2004; Lockie e Lyons, 2006; Fonte, 2008; Fonte e Agostino, 2008).

La campagna, denominata “McItaly”, prevedeva la selezione di materie prime di origine nazionale.
http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/inbreve/2010/01/26/visualizza_new.html_1677608423.html

Oltre alla sovranità alimentarequesti movimenti organizzati focalizzano la loro azione sui temi della sostenibilità, del localismo e dello sviluppo rurale.

La «sovranità alimentare» è definita come il «diritto dei popoli a un cibo salubre, culturalmente appropriato, prodotto attraverso metodi sostenibili ed ecologici, in forza del loro diritto di definire i propri sistemi agricoli e alimentari». Definizione tratta dalla Dichiarazione di Nyéléni (Mali), al termine del Forum internazionale per la sovranità alimentare del 2007.

La rinascita della filiera cortaNasce così quello che è stato definito il movimento postbiologico (Moore, 2006) mosso dallo spirito del consumo critico (o consumerismo) che rifiuta le scelte di acquisto basate sulle sole considerazioni economiche, integrando visioni altruistiche volte a evitare le disuguaglianze (Tosi, 2006). Il movimento post-biologico raggiunge l’apice della critica verso la modernizzazione, affrontando non solo questioni ambientali ed economiche, ma anche tematiche etiche e morali. Nasce così il paradigma dell’agricoltura sostenibile multifunzionale che valorizza le conoscenze agro-ecologiche e storico-sociali e favorisce il mantenimento e la valorizzazione dei beni pubblici. Inoltre risponde a una nuova  sensibilità delle amministrazioni pubbliche, dei consumatori e dell’opinione pubblica e poggia su una base produttiva composta in gran parte da piccole imprese (un segmento del mondo della produzione rimasto, in parte, volutamente estraneo ai processi di modernizzazione dell’agricoltura). La filiera corta riacquista forza con i movimenti post-biologici sulla base del concetto di ri-localizzazione che consiste principalmente nello spostamento dell’attività economica verso imprese presenti nella zona, che sono solitamente a carattere medio, piccolo o familiare, ma anche nel sostenere produzioni rispettose dell’ambiente e costruendo reti di relazioni tra consumatori e produttori (Norberg-Hodge, 2005). Si è aperta la nuova fase di ricerca del rapporto diretto tra consumatore e produttore con iniziative che pongono l’accento sulla vendita diretta e creando le cosiddette Reti Alimentari Alternative (Alternative Food Networks – AFN) (Marsden et al., 2000; Fonte e Papadopulos, 2010; Renting et al, 2003; Brunori, 2007; Goodman et al., 2012; Mariani et al., 2010).

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Queste ultime non sono altro che l’espressione di nuove forme di vendita diretta. Il rapporto diretto tra agricoltore e consumatore è stato un elemento molto importante nella commercializzazione dei prodotti biologici sin dagli anni Novanta (Zamboni, 1993; Santucci, 1998). Negli ultimi anni, tuttavia, si stanno arricchendo le modalità di vendita: ai punti vendita aziendali e ai banchi in mercati si aggiungono una serie di nuove forme come le vendite in abbonamento (box schemes o cassettoni) e i Gruppi d’Acquisto Solidale (GAS) che, tra le altre cose, garantiscono al produttore la diversificazione e la programmazione delle vendite minimizzando le rimanenze (Fonte e Salvioni, 2013). Le prime caratteristiche che la vendita diretta ha messo in luce sono un migliore flusso di informazioni tra i soggetti coinvolti che rendono superfluo il ricorso alla certificazione convenzionale e il risparmio dei costi d’intermediazione, con una maggiore quota di valore aggiunto che rimane nelle mani del  produttore e con un prezzo inferiore per il consumatore (Verhaegen, 2001).

Nelle AFN è frequente il ricorso alla Certificazione Partecipata (PGS – Participatory Guarantee Systems), un sistema in cui sono coinvolti tutti gli stakeholders che è costruito basandosi sulla fiducia, sullele reti sociali e sullo scambio di conoscenze”.(http://www.ifoam.org/about_ifoam/standards/pgs.html).

Le istanze di ri-localizzazione mirano anche a contenere l’impatto ambientale, anche se questo potenziale non è condiviso da tutti allo stesso modo (Schonhart et al., 2008; Torquati B., Taglioni C., 2010). La caratteristica comune della maggior parte delle AFN è di essere promosse dalla domanda (in inglese sono dette “consumer driven”), per cui sono state ribattezzate “forme di co-produzione”, ovvero situazioni in cui le scelte di produzione sono condivise da produttori e consumatori (Brunori et al, 2010). Secondo dati recenti (Federbio, 2012), tramite questi nuovi canali di vendita le aziende agricole biologiche italiane stanno registrando consistenti aumenti di vendite (figura 1.6).
La rinascita della filiera corta
Tali iniziative si caratterizzano anche per la capacità di creare un’azione collettiva in grado di mantenere la sopravvivenza di forme di produzione che sono ritenute vitali per la sostenibilità sociale, economica e ambientale delle aree rurali (Soler et al, 2010). Inoltre, grazie all’eliminazione dell’intermediazione e alla collaborazione tra i membri del gruppo, le AFN perseguono un obiettivo di equità, che rappresenta la possibilità di dare accesso al consumo di prodotti biologici di qualità anche alle classi meno abbienti. Nel prossimo paragrafo vedremo come diversi studi vedono nelle AFN la risposta al sistema agro-alimentare reo di allontanare e separare la produzione del cibo dal suo consumo (Venn et al., 2006).

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Forme di filiera corta

Data la moltitudine di esperienze che sono state attivate nel mondo, nel presentare le principali forme di filiera corta non vi è lo scopo di essere esaustivi. Tali esperienze differiscono tra loro in primo luogo per i soggetti che le promuovono. Prevalentemente si tratta di consumatori o produttori che adottano le diverse tipologia in risposta all’insoddisfazione di un sistema distributivo di tipo industriale che ha Figura 1.6: canali di vendita per le aziende agricole biologiche italiane Fonte: FEDERBIO (2012) deluso le aspettative (Sonnino e Marsden, 2006; Raffaelli et. al., 2009). Le iniziative sono il frutto dell’auto-organizzazione dei gruppi che definiscono il loro operato nel rispetto di determinati e condivisi principi. Non mancano casi in cui i promotori sono esterni dalla filiera e vedono nel riavvicinamento tra produzione e consumo la possibilità di creare proficue attività. Inoltre, le varie forme di filiera corta si differenziano per lo spirito che anima la loro creazione. Le attività mosse dai consumatori sono nate prevalentemente con lo scopo di garantire accesso ai prodotti biologici a un giusto prezzo; in seguito si è aggiunto anche uno scopo più politico, volto a supportare le realtà agricole locali private del potere contrattuale dal mercato (Van Der Ploeg 2000). Le iniziative dei produttori hanno generalmente l’obiettivo di permettere la sopravvivenza delle piccole aziende agricole. Le aziende coinvolte sono solitamente a carattere familiare e, ristabilendo un rapporto diretto con la propria domanda, riottengono un certo grado di indipendenza e autonomia rispetto alle politiche pubbliche, percependo un reddito maggiore. È comprensibile che tali esperienze siano nate prima nei paesi industrializzati, dove il mercato è maggiormente strutturato e dove i problemi legati all’industrializzazione dei processi agricoli sono più tangibili che altrove.

Articolo tratto dalla tesi di laurea del Dr. Giacomo Crisci:
“Filiera corta, prezzo giusto e sviluppo sostenibile: il caso
dei Gruppi di Acquisto Solidale a Roma”

Università ROMA TRE – Facoltà di Economia “Federico Caffè” – Anno accademico 2012/2013

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